La dimora di Eracle

La prima volta che nella tragedia greca compare il deus ex machina è nel Filottète di Sofocle. Scritta nel 409 a.C  Filottete è consigliato e convinto da Eracle (deus ex machina) ad imbarcarsi per Troia perché senza il suo arco la guerra sarebbe stata persa. A Dolo, piccolo borgo della Riviera del Brenta, Eracle ha stabilito da molti anni la sua dimora e senza perdere la sua antica passione di consigliare e convincere ha ritrovato nell’Amministrazione del Borgo il suo Filottète a cui dare, ex machina, consigli per il bene comune non senza argomentazioni appropriate e puntuali.  Più volte qualche amministratore  sacrifica un bue o un agnello macellati in giornata  per avere preziosi suggerimenti su questioni che , per propria incompetenza , non sa risolvere.  Sia chiaro che non c’è  niente di male affidarsi ad entità superiori, anzi nell’accettare e nel farsi spugna del dono si dimostra non l’uguaglianza, ma l’equivalenza fra l’eroe e l’uomo. Così è scritto nello Zarathustra.

L’ultimo albero di fico

Lateralmente al palazzetto dello Sport di Dolo c’erano tre magnifici alberi di fico dalle larghe foglie che ogni anno estate erano pieni di frutta. Diverse persone si fermavano sorprese da tanta abbondanza altre ne approfittavano per fare colazione. Fra queste ultime c’ero io e mi bastavano uno o due fichi per saziarmi ed in cuor mio ammiravo le piante per quella presenza del dare senza nessuna pretesa. Pensavo che l’ombra del fico era la migliore che ci potesse essere;  ti riparava dal sole saziandoti.  Di quelle tre piante ne è rimasta una, le altre hanno dovuto fare posto, per rispettare un ordine  geometrico ed estetico per quando sarebbero cresciute, ad altri alberi molto più giovani e sterili di frutta. Io e il mio cane ci siamo rimasti molto male. Due alberi di  fico , questi sì monumentali  perché simbolici di quello che Nietzsche  affermava nel suo Zaratustra a proposito del donare. Il donare di Zaratustra è un potere autonomo: non deriva da nessun altro potere, ma soprattutto non ha alcun modello di potere esterno, per cui dona i suoi frutti solo perché e nella misura in cui è capace di donare, può donare. Questa duplice autonomia da una causa metafisica e da un modello trascendente è fonte di salute: libera chi riceve da senso di impotenza derivante dall’impossibilità di ricambiare, così come libera chi dona dalla delusione di non venir ricompensato in modo adeguato. Rimane l’ultimo albero di fico che mi aiuterà ancora a riflettere sperando che “ Dolo città gentile” non se ne privi.